Unione Europea vs Cina: l’inizio di uno scontro commerciale?

Il 4 ottobre 2024 la Commissione europea ha deciso di imporre pesanti dazi sulle auto elettriche cinesi per colmare il divario di prezzo tra i veicoli prodotti dalle case automobilistiche cinesi e quelle europee.

L’indagine della Commissione europea

Il 4 ottobre 2023 la Commissione europea ha avviato un’inchiesta sull’importazione di veicoli elettrici a batteria dalla Cina. Nello specifico, l’obiettivo era quello di constatare se beneficiassero di sovvenzioni illegali che potessero minacciare il mercato dei veicoli europei. L’inchiesta ha analizzato anche quale fosse l’impatto sui consumatori di veicoli elettici nell’Unione Europea. La Commissione ha iniziato ad indagare di propria iniziativa, dopo aver raccolto delle prove certificanti la crescente importazione a basso prezzo fosse una minaccia economica, senza alcuna denuncia formale pervenuta dall’industria dell’UE. A seguito delle indagini, la Commissione era concorde sull’istituzione dei dazi provvisori sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina entro 9 mesi dall’apertura dell’inchiesta, con eventuali misure definitive entro 13 mesi dopo l’apertura.

Il 13 settembre 2023 Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, anticipò l’inizio dell’inchiesta garantendo che sarebbero state seguite rigorosamente le norme giuridiche dell’UE e dell’OMC (Organizzazione mondiale del Commercio), permettendo al governo cinese e alle sue aziende di presentare le proprie prove e argomentazioni.

I negoziati tra Bruxelles e Pechino

A settembre 2024 l’inchiesta si è conclusa riscontrando che le imprese europee avrebbero potuto avere perdite insostenibili, essere estromesse dal mercato della mobilità a zero emissioni con conseguente perdita di 2.5 milioni di posti di lavoro diretti e 10.3 indiretti. La Commissione europea ha formalmente respinto un’offerta presentata dai produttori cinesi di veicoli elettrici per poter colmare il divario con i produttori europei. Bruxelles, inoltre, sostiene che il divario è dovuto a ingenti sussidi nel settore provenienti da Pechino; l’esecutivo ha concordato nel proporre dazi aggiuntivi dal 7,8% al 35,3%, a seconda del marchio e del suo livello di collaborazione nell’indagine, che si aggiungono all’aliquota iniziale pari al 10%.

Tuttavia, le posizioni di Spagna e Germania hanno creato malumore. Nello specifico, a luglio il governo di Sànchez aveva votato in senso favorevole all’approvazione dei nuovi dazi durante una consultazione non vincolante. Il primo ministro spagnolo ha però visitato la Cina, siglando a Shangai un accordo di 1 miliardo di euro con un’azienda cinese per la costruzione di un impianto di elettrolizzatori in Spagna. Dopodiché, Sànchez si è detto contrario a una guerra commerciale con la Cina, affermando di star pensando di rivalutare la sua posizione iniziale. Queste parole sono state accolte con favore dalla Germania che è leader europeo nel settore automobilistico, ma il governo è sotto pressione dell’industria nazionale per votare contro i dazi aggiuntivi.

La decisione della Commissione europea e la reazione delle case automobilistiche cinesi

Il 4 ottobre 2024 si è tenuta la votazione presso Comitato di difesa commerciale, organo composto dai funzionari dei 27 paesi membri dell’Unione Europea.  Per approvare o respingere la proposta dei dazi aggiuntivi era necessaria la maggioranza qualificata dei Paesi europei, ossia 15 Stati membri su 27. Tuttavia, dieci paesi hanno votato a favore, tra cui l’Italia, cinque contro e dodici astenuti. Il voto non è stato reso pubblico, ma è trapelato che la Francia e i Paesi Bassi abbiano votato a favore, mentre Ungheria e Germania contro; l’elevato numero di astenuti è sinonimo di timori di possibili ritorsioni commerciali da parte della Cina. La Commissione è stata chiamata a superare l’ostacolo e ha portato avanti la sua proposta, i dazi entreranno in vigore a partire da novembre 2024.

Il marchio BYD pagherà un dazio aggiuntivo del 17%, Geely del 18,8%, SAIC del 35,3%, altri produttori di veicoli elettrici in Cina che hanno collaborato pagheranno il 20,7%, mentre coloro che non hanno collaborato pagheranno del 35,3%. Il Zhejiang Geely Holding Group, il più grande costruttore cinese in mani private che controlla anche Volvo, Polestar, Lynk e Co., Zeekr e Lotus, ha giudicato in modo negativo la decisione della Commissione. Inoltre, Stellantis, legata alla casa automobilistica cinese Leapmotor, ha dichiarato di voler sostenere una concorrenza libera e leale; la MG Motor France, sussidiaria del marchio Morris Garages che fa parte del SAIC group, ha contestato il voto favorevole della Francia perché i dazi potrebbero rallentare la transizione all’elettrico nel paese transalpino. Al momento i prezzi non dovrebbero subire un rincaro, infatti la MG Motor non alzerà i prezzi dei suoi veicoli in Francia e in Italia; allo stesso modo il colosso cinese BYD dovrebbe mantenere i prezzi invariati in Italia fino al termine del 2024, ma non è ancora chiaro se li aumenterà nel 2025.

La risposta del governo cinese

Il governo cinese ha annunciato, pochi giorni dopo la decisione della Commissione, di introdurre dazi aggiuntivi sulle importazioni di brandy provenienti dall’Unione Europea. Sono entrati in vigore l’11 ottobre e variano a seconda del marchio dal 30,6% al 39%. Questa è stata la prima risposta della Cina che ha criticato anche l’indagine della Commissione definendola un ‘atto protezionistico’ dai ‘risultati artificialmente esagerati’. Inoltre, ha sempre negato che esistessero sussidi rivolti alle proprie case automobilistiche. Tuttavia, i dazi sul brandy sono solo provvisori perché alle aziende importatrici viene chiesto il pagamento delle tariffe doganali sotto forma di deposito, in caso la misura non fosse confermata potranno riavere. Questa decisione è stata presa perché ci sono delle discussioni in atto tra Pechino e Bruxelles, ma la Commissione europea ha già fatto sapere di voler far ricorso all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), l’ente internazionale che vigila sul rispetto delle convenzioni dei commerci.

Intanto, come anticipato, le discussioni non stanno avendo i frutti sperati e il team tecnico dell’UE è stato invitato formalmente in Cina. Il portavoce del ministero del Commercio cinese, He Yadong, riferisce che il governo non è aperto solo al dialogo, ma anche a nuovi dazi su veicoli di grossa cilindrata dopo aver studiato diversi fattori. La Cina spera nell’appoggio della Germania e della società Stellantis, ma potrebbe promettere di fare investimenti in Europa per la produzione di veicoli elettrici e di batterie. Il secondo punto è richiesto a gran voce dai sindacati italiani del settore auto che aprono alla possibilità di nuovi produttori nel paese in collaborazione con l’attuale presidio industriale; inoltre, essi spingono per un aumento della produzione delle macchine nel paese con un focus particolare sui modelli mass market, ossia destinati a un’ampia base di consumatori. Infine, sarà compito del governo italiano, a detta dei sindacati, valorizzare la catena di fornitura del paese, partecipare direttamente negli asset societari e badare al rispetto delle norme e dei contratti nazionali. C’è tempo fino al 30 di ottobre prima della pubblicazione in Gazzetta di un regolamento di esecuzione, si arriverà a un accordo?

 

A cura di: Andrea Perrucci

 

Fonti

 

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