Tra Polonia e Bielorussia, la morte colpisce il cuore dell’Europa ma non quello dei potenti

Migliaia di vite in pericolo al confine con la Polonia, come ci sono arrivate e perché? Poi c'è l'Europa che è inerme di fronte alle dittature che la vogliono debole. La persone muoiono e non ci sono innocenti (no, neanche l'Europa) Le sanzioni non servono a nulla, la via di uscita è solo una ma si è scelto di ignorarla

Cosa succede?
Dall’inizio di questa estate migliaia di migranti sono arrivati al confine tra Bielorussia, un paese con a capo il dittatore Aleksandr Lukashenko, e Polonia, Lituania e Lettonia, tre paesi membri dell’UE. Stando alle ricostruzioni, sono stati fatti arrivare con dei voli da Iraq, Yemen, Siria e altri paesi del Medio Oriente a Minsk, capitale bielorussa, da dove sono stati trasportati dalle autorità nazionali con dei furgoni fino al confine. A queste persone sarebbe stato promesso di farle arrivare in UE in cambio di un compenso. Solo nell’ultima settimana oltre 4 mila migranti sono arrivati al confine tra Bielorussia e Polonia. Le persone al confine sono relegate in un limbo.

Né la Bielorussia né la Polonia sono disposte a dare loro cure mediche, cibo, acqua o a farle entrare. Alcuni riescono a entrare in territorio polacco, che per legge è obbligata ad accoglierli e a permettergli di fare una richiesta d’asilo, che poi andrà giudicata dalle autorità polacche. Invece la Polonia ha disposto già 15.000 soldati alla frontiera e ha dato ordine alla polizia e all’esercito di riportare le persone al di là della frontiera. Tale pratica è chiamata “respingimento” ed è illegale secondo il diritto internazionale e viola una serie di trattati europei.

Molti giornalisti e Ong inoltre affermano che, con la scusa che è stato dichiarato lo stato di emergenza intorno al confine con la Bielorussia, le autorità polacche impediscono a giornalisti e organizzazioni per i diritti umani di accedere alla zona per portare viveri e documentare ciò che accade. Nel frattempo, almeno 10 persone sono morte, di cui 7 in territorio polacco, riporta Infomigrants.

Oggi, quindi, migliaia di persone sono isolate all’interno di una foresta, con temperature che la notte scendono sotto lo zero, dormire in tende o accampamenti di fortuna, spesso senza scarpe e senza coperte. Questo avviene di fronte agli occhi di due eserciti che sono pagati e schierati con l’obiettivo di far rimanere migliaia di persone a soffrire nella foresta.

Perché succede?
L’incipit si ha ad agosto 2020, quando in Bielorussia si tengono elezioni truccate, ufficialmente vinte da Lukashenko con l’80% dei voti. Si tratta si Aleksandr Lukashenko, al potere da 27 anni in Bielorussia a capo di un regime autoritario che si è guadagnato per questo il titolo di “ultimo dittatore d’Europa”. L’UE, che negli ultimi anni aveva iniziato un processo di distensione dei rapporti con la Bielorussia, torna sui suoi passi e dichiara il suo appoggio alle proteste, non riconosce i risultati elettorali e offre asilo politico alla leader dell’opposizione Sviatlana Tsikhanouskaya.

Come se non bastasse, il 23 maggio 2021 un volo Ryanair è stato fatto atterrare forzatamente all’aeroporto di Minsk, e la polizia bielorussa ha arrestato un suo passeggero, il giornalista dissidente Raman Pratasevich, tutt’ora detenuto. Il gesto, di una gravità inaudita, ha scatenato le reazione dell’Unione Europea che ha sanzionato 78 persone e otto entità bielorusse, invitato tutte le compagnie aeree europee a evitare lo spazio aereo bielorusso e chiuso il suo spazio aereo e i suoi aeroporti alle compagnie del paese.

Qualche settimana dopo questo round di sanzioni, decise a giugno, è iniziato il movimento di massa verso i confini con la Polonia, la Lituania e la Lettonia.

Ciò nonostante, non ci soffermeremo in questa sede a parlare delle prossime sanzioni che l’UE varerà o della telefonata della Merkel a Putin, del fatto che alcuni paesi intendano costruire un “muro” al confine. Non lo faremo perché il tema che non è ancora abbastanza sottolineato è uno, cioè che “Questo va oltre la Bielorussia” come riassume in poche parole Politico.

La mossa di Lukashenko è grave e disumana e va affrontata con il massimo della forza. Ma non si possono nascondere dietro la battaglia contro la Bielorussia (o dietro a un muro) i crimini della Polonia e le colpe storiche dell’Europa.

Non ci sono innocenti
Il governo polacco ha giustamente tutta la solidarietà delle istituzioni internazionali perché si trova ad affrontare una situazione difficile, ma la sta gestendo male. Tra Polonia e Bielorussia ci sono governi criminali, carnefici e assassini. La Polonia si sta macchiando di una serie di crimini contro l’umanità nei confronti dei migranti, come i respingimenti illegali e il fatto di tenere le persone richiedenti asilo in “centri di detenzione” che sono delle vere e proprie carceri.

Con quale credibilità si accusa la Bielorussia se si hanno dei soldati schierati al confine per vigilare che la gente rimanga al freddo senza viveri? Perché si invoca la necessità di soldi europei per costruire muri, affermando che altrimenti la situazione non si riesce a gestire, quando si rifiuta l’aiuto arrivato dalla Commissione, che aveva proposto di sostenere il paese tramite le agenzie Frontex ed Europol? Forse perché lontano da occhi indiscreti si può fare ciò che si vuole sulla pelle dei migranti.

Non prendiamoci in giro (e lo dico rivolgendomi alle istituzioni europee, non a voi cari lettori), il governo polacco sta affrontando ultimamente diverse crisi. Il suo piano per accedere ai fondi del Next Generation EU non è stato ancora approvato dalla Commissione, ci sono le proteste contro le leggi che vietano l’aborto. La settimana scorsa la Polonia è stata condannata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea a pagare alla Commissione europea una multa giornaliera di 1 milione di euro per non aver sospeso, come richiesto dalla Corte lo scorso luglio, l’attività della Sezione disciplinare della Corte Suprema polacca, un organo che minava l’indipendenza dei giudici e il suo governo è sempre più isolato politicamente in Europa.

Le tensioni al confine, in un paese in cui il 53% delle persone non è favorevole ad accogliere una parte dei rifugiati, fomentato da una campagna di costante diffamazione e odio nei confronti delle persone migranti (qualche mese fa il governo ha affermato che i migranti facessero “sesso con i cavalli”, chiaramente mentendo), si sono rivelate il pretesto ideale per compattare la nazione contro un “nemico comune”.

Se nessuno ha il coraggio di dire che se la Bielorussia è Clyde, la Polonia è Bonnie, allora l’Europa millanta dei valori in cui neanch’essa crede.

L’unica crisi è all’interno dell’Europa, non all’esterno.
Non caschiamo dal pero (e questa volta mi rivolgo anche a voi lettori). La crisi di questi giorni è solo l’ultimo sintomo di un problema molto più ampio che l’UE deve affrontare.

I paesi vicini stanno da tempo usando cinicamente la migrazione per un consenso politico, instillando la paura nei cittadini nei confronti dello “straniero”. Questo diventa un meccanismo che si reitera ogni qualvolta i leader rischiano di perdere consensi, determinando un inevitabile passo indietro rispetto alle politiche di apertura e agli accordi frutto di estenuanti trattative. È un cane che si morde la coda.

I movimenti delle persone tramite la Bielorussia sono iniziati già questa estate, quando anche il Marocco, come ritorsione nei confronti della Spagna, ha spinto dalle 8.000 alle 10.000 persone verso l’enclave spagnola di Ceuta. Ma è la Turchia la regina di questo gioco. Nel 2016 la Turchia e l’Unione Europea hanno firmato un accordo in cui l’UE si impegnava a dare soldi alla Turchia affinché questa non lasciasse passare i migranti. Ma negli ultimi mesi Ankara ha lasciato partire molte persone dirette verso la Grecia, per ottenere ancora più soldi dall’UE, come se i quasi quindici miliardi in 5 anni non fossero abbastanza.

Le istituzioni europee e i loro leader possono “dichiararsi deeply concerned”, possono parlare di “strumentalizzazione” e di “atto inaccettabile”, possono far arrivare la loro solidarietà a un paese che non rispetta i diritti umani, possono imporre sanzioni e discutere di muri, o anche ininnalzarne, ma niente di tutto ciò salverà le persone dalla morte o l’Europa da una crisi che la sta facendo affondare.

Finché non ci sarà una vera politica europea di accoglienza e redistribuzione delle richieste di asilo e dei migranti, i paesi autoritari che vogliono spaccare l’Ue per la loro convenienza vinceranno sempre. I flussi migratori passano attraverso Libia, Turchia, Marocco, Bielorussia, che a loro volta sono supportati da paesi come Arabia Saudita, Russia e Cina per le loro strategie. Tutti questi attori hanno interesse in un’Europa meno forte a livello negoziale e quindi non può ostacolare la loro ascesa economica basata sul potere dittatoriale.

Oggi questi governi sanno di avere a disposizione un’arma letale che gli permette di raggiungere il loro obiettivo senza sforzarsi. Nulla cambierà se gli sforzi dell’UE si concentreranno sul trovare soluzioni ignorando l’unica vera via d’uscita a questa situazione: evitare le crisi attraverso l’accoglienza gestita bene.

di Alessandro Ceschel

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