Non esistono più i valori di un tempo (detto da uno di sinistra)

L'ascesa del populismo e la fine dei valori assoluti, se tutto è relativo come si salva la democrazia?

La vittoria di Trump alle elezioni americane ha prorotto nella quotidianità di molti in maniera quasi improvvisa. Malgrado si sapesse da tempo che sarebbe potuto succedere, un misto di speranza e negazione (come meccanismo di difesa, non già come ignoranza) fino all’ultimo ha rimpicciolito questa consapevolezza, forse acuendo la preoccupazione, l’angoscia o perfino lo sdegno che si è provato.

Un (sano?) stupore attraversa i pensieri delle genti: “ma come fanno gli americani a votarlo veramente?”. Pronte all’uso sono un abbondante numero di analisi e commenti (che consiglio vivamente di leggere, anche ai più miscredenti, perché accogliere la realtà è il punto di partenza per cambiarla), le quali, però, urgono di essere integrate con una riflessione, forse trito ma ugualmente attuale, sulla necessaria separazione tra capire e giustificare.

Il punto chiave della maggioranza delle argomentazioni degli analisti è più o meno riassumibile così. Trump ha vinto perché è stato capace di interpretare paure, sentimenti e aspettative della maggioranza della popolazione americana, specialmente di quei gruppi sociali che si sentono maggiormente minacciati dalla globalizzazione, dalla transizione ecologica, dai flussi migratori e dalle crisi economiche e identitarie associatevi. Harris ha invece portato una narrazione politica più distante dalle preoccupazioni su cui si sono basate le scelte di voto, utilizzando come temi di spicco della sua piattaforma politica argomenti sentiti come meno pressanti ed eccessivamente astratti, come i diritti civili, o che sono stati percepiti come anacronistici, come la salvaguardia della democrazia.

Sicuramente questo riassunto non rende onore alla complessità e profondità delle analisi che sono disponibili, nè può essere esaustivo nello spiegare il perché dell’ascesa di Trump, ma credo colga il succo del discorso. Anche così, comunque, la spiegazione della vittoria di Trump sembra abbastanza ragionevole.

Sebbene spiegata, comunque, il fenomeno di Trump non diventa meno inquietante. Al contrario, rafforza una preoccupante degli ultimi anni, che è principio e causa del populismo, e cioè il logoramento delle istutuzioni.
Come fa dire Sorrentino al Cardinale Tesorone in Parthenope: “alla fine della vita ci rimarrà solo l’ironia”. Volendo essere ironici, dunque, si può esprimere il concetto con una frase che avrebbe potuto tranquillamente pronunciare un elettore Trumpiano e che invece scrivo io, persona di sinistra: “non esistono più i valori di una volta”.

Ebbene sì, perché in America, così come in Europa, si fa fatica sulla scena politica a creare consenso parlando di certi valori che dal Dopoguerra fino a non troppo tempo fa erano considerati addirittura un prerequisito, una condizione necessaria per ricevere un’approvazione elettorale.

Primo fra tutti questi è la democrazia. É un’evidenza, a prescindere dall’appartenenza politica, in Europa la tendenza all’aumento di consenso da parte di forze che, con il loro stile politico, le loro proposte e il loro comportamento quando sono al Governo, indeboliscono la democrazia. Così come la maggior parte delle persone (anche se le teorie del complotto sono ben diffuse) in America ricorda l’Assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, la telefonate di Trump al segretario di Stato della Georgia in cui chiedeva di trovare i voti per farlo vincere, solo per citare due episodi.

Il punto quindi non è che questi episodi non si riconoscano, ma, peggio, è che non siano considerati di primaria importanza. Nella gerarchia di priorità su cui la maggioranza degli elettori basa le scelte di voto, probabilmente vengono dopo rispetto ad altro.
Questa è la perdita dei valori a cui si assiste. Se vogliamo, è la relativizzazione dei valori assoluti. La scomparsa di virtù superiori e inalienabili, da rispettare indiscriminatamente, perché capisaldi di una società. Invece, è come se l’avanguardia della società liquida, sia rappresentata dalla liquefazione anche delle sue fondamenta. É come se non esistesse più alcun valore che possa essere considerato una colonna portante, come il pezzo del Jenga che se tolto fa venire giù la torre.

Sia chiaro, perché il terreno è scivoloso, è lungi da me farne un discorso dal tenore radical chic, affermando che bisogni votare senza considerare le preoccupazioni materiali e impellenti: tutto il contrario! L’obiettivo dell’amministratore e del legislatore deve essere di garantire le migliori condizioni di benessere possibili. Allo stesso modo, i politici devono essere in grado di interpretari quali sono le esigenze della popolazione e cosa rappresenti il benessere per loro e cosa ostacoli il suo raggiungimento, ed è quindi sano che vinca chi lo fa meglio.

In breve, in America i due temi caldi sono stati inflazione e immigrazione, ma in ogni elezione nella storia delle democrazie si possono trovare degli equivalenti temi che hanno a che vedere con le condizioni materiali e con la quotidianità.
Insomma, non si è mai creato consenso parlando di democrazia, ma si perdeva consenso avversandola! Il famoso “cordone sanitario” che in numerosi stati Europei fino a dieci anni fa ha tenuto fuori dal gioco politico partiti estremisti presenti nei Parlamenti nazionali e al Parlamento europeo, ha definitivamente ceduto.

Ha ceduto e con esso hanno ceduto i valori assoluti, in un discorso che si manifesta in maniera lampante con i valori democratici intesi in senso più stretto, cioè parlando delle istituzioni, ma che può essere generalizzato ad altri ambiti.
Primi fra tutti il rispetto dell’ambiente, anche se non è un valore che è stato storicamente visto come fondamentale ma che si è ormai imposto come un valore assoluto, nel senso che coinvolge tutti e che se viene violato porta indiscutibilmente al crollo della società.

O, ad esempio, anche sul tema del rispetto della vita umana delle persone migranti. Il tema che sicuramente tocca aspetti più reconditi della psiche umana quali l’identità o il senso di sicurezza, ma presenta comunque elementi comuni, laddove il valore assoluto della vita viene relativizzato alla origine delle persone. E parlare di “salvare vite” non crea consenso, così come accettare che le vite vengano messe in pericolo più di quanto già non accada (ad esempio facendo in modo che le ONG non operino, che è come togliere le ambulanze dalle strade), non lo fa perdere.

Ovviamente è errato che chi vota Trump o gli estremismi di casa nostra siano tutti crudeli o disinterassati alla democrazia, siamo d’accordo. Ma questo non lenisce il senso di frustrazione che colpisce chi ancora nei valori assoluti crede, mentre cerca inutilmente di spiegare quanto essi siano basilari e astrattamente importanti, di per sè necessari.

La stessa frustrazione che coglie chi scrive quando sente urlare al pericolo per la democrazia, con personaggi allarmati che la torre del Jenga stia crollando. Ma bisogna rendersene conto: la torre è crollata già, e per ora gli unici che se ne sono accorti è chi approfitta del caos che viene dopo il tonfo. Chi fomenta la paura e non offre soluzioni. Possiamo chiamarli sciacalli, oppure presidenti degli Stati Uniti d’America.

Anche quando appare stonata, è sempre bene chiudere con una nota di speranza. Oggi è questa: è dalle macerie che si ricostruisce il mondo nuovo, non dalla paura. E chi lo ricostruirà, sarà non solo chi riuscirà ad accogliere la realtà, ma anche chi riuscirà a continuare a indignarsi per ciò che succede, perché sarà in grado di rapportare la realtà che ha di ronte a dei valori assoluti.

Verranno a dirvi che il mondo è complesso e che la realtà non si può capire. Per loro, il mondo è complesso, ma per chi vuole capirlo è prima di tutto sbagliato. Non smettiamo di volerlo aggiustare.

Alessandro Ceschel

[Foto di copertina Pixabay]

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