- La prostituzione e la sua evoluzione legislativa in Italia
L’intento di questo articolo è di mettere ordine in merito al tema della prostituzione, inserendolo nella storia italiana e nell’ordinamento, che ad avviso dello scrivente, tale operazione risulta molto più complessa di quanto sembri.
Innanzitutto, va chiarito per cosa si intenda per prostituzione: in particolare, codesta attività consiste nell’ “offerta di prestazioni sessuali in cambio di un corrispettivo economico”.
Occorre, per una più efficace trattazione, sviscerare un ulteriore concetto: quello di prestazioni sessuali: secondo la giurisprudenza, codeste si verificano quando vi è “la possibilità di interazione diretta e tendenzialmente esclusiva tra il cliente e l’eventuale prostituta”, e non in caso di mera esibizione in spettacolo pornografici dal vivo. Pertanto, occorrono due elementi per il compiersi dell’attività prostitutiva: l’esclusività della prestazione ed il singolo cliente.
L’Italia, con la prostituzione – si può dire – ha avuto una storia che è possibile dividerla in due fasi: la prima arriva sino al 1958, mentre la seconda parte dal 1958 fino ai giorni nostri.
La prima fase è stata caratterizzata da un approccio ordinamentale sul tema della prostituzione c.d. regolamentarista. In particolare, la prostituzione era inquadrata dal legislatore come una vera e propria attività economica, sia in relazione all’attività stessa, che a quelle cc.dd. parallele (basti vedere le vecchie disposizioni del Codice Penale e del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, T.U.L.P.S., all’epoca vigenti).
In particolare, il do ut des in senso stretto dell’attività prostitutiva consiste nel ricevere, per il cliente, prestazioni sessuali da parte della prostituta (o prostituto) in cambio di una dazione di denaro. Quindi, un rapporto contrattuale intercorrente tra l’esercente di siffatta attività ed il cliente, senza alcun terzo.
Invece, nel novero delle attività cc.dd. parallele alla prostituzione rientrano tutti quei rapporti strumentali a quest’ultima che vedono come parti anche soggetti terzi: l’esempio concreto è dato dall’esercizio della casa di prostituzione.
Chiariti questi primi due concetti, è arrivato il momento di affrontare il vero elemento di discrimen tra i due periodi temporali di cui sopra: la legge n. 75 del 1958 (c.d. Legge Merlin).
Siffatto atto ha, sostanzialmente, inquadrato nell’illecito penalmente rilevante lo svolgimento delle attività parallele alla prostituzione (tra cui quella da ultimo citata), prevedendo elevate pene, sia in termini detentivi che pecuniari (reclusione fino a sei anni e la multa da lire 100.000 a lire 4.000.000, v. art. 3), ma non l’attività prostitutiva in senso stretto sopra descritta (quindi la condotta di colui che esercita siffatta attività e del cliente che “si limiti a fruire della prestazione”). Vengono dichiarate illecite penali, in particolare, oltre all’attività di esercizio di case di prostituzione, anche il reclutamento (consiste nella ricerca di soggetti da avviare od anche già avviati all’esercizio della prostituzione), l’agevolazione (intesa per promozione a svolgere siffatta attività verso una persona che ancora non è dedita in codesta), l’induzione (il convincimento verso un soggetto affinché codesto si avvii o riprenda ad esercitare la prostituzione), il lenocinio (l’intermediazione, il procacciamento di clienti), e qualunque altra modalità di favoreggiamento (inteso per “facilitazione delle concrete modalità di svolgimento dell’altrui prostituzione”) o di sfruttamento (il “trarre ingiustificato vantaggio dall’attività di chi si prostituisce”).
Pertanto, l’entrata in vigore della legge di cui sopra ha rappresentato un vero e proprio cambiamento di approccio dell’ordinamento italiano: in particolare, da una impostazione regolamentarista (dove tutte le attività del mondo della prostituzione sono lecite, ma disciplinate dalla legge), si è passati ad un modello abolizionista, dove il legislatore reprime le condotte cc.dd. parallele, ma non quelle in senso stretto (in particolare, la condotta tenuta dal cliente).
Per completezza, si esplicita una ulteriore soluzione ordinamentale: quella dell’approccio c.d. neo-proibizionista, in cui viene punita non solo l’attività parallela alla prostituzione, ma anche quella in senso stretto: tale approccio non rappresenta il caso italiano.
- La giurisprudenza e le tipologie di prostituzione
Altro nodo importante da sciogliere nella trattazione di questo argomento è dato dall’atteggiamento della giurisprudenza registratosi in questi anni.
In particolare, la Corte di Cassazione (Terza Sezione Penale, sent. 29 gennaio 2013, n. 20384) ha ribadito come non sia attività non vietata, quindi lecita in sé, quella svolta dalla persona che liberamente scambia “la propria fisicità contro denaro” e come le “sanzioni penali fissate dalla L. 20 gennaio 1958, n. 75, debbono essere applicate a coloro che condizionano la libertà di determinazione della persona che si prostituisce, a coloro che su tale attività lucrano per finalità di vantaggio e, infine, a coloro che offrono un contributo intenzionale all’attività di prostituzione eccedendo i limiti dell’ordinaria prestazione di servizi”. La Corte di Cassazione, inoltre, fornisce un vero e proprio invito alla cautela nella trattazione giurisdizione del tema della prostituzione, sancendo la “necessità di non interpretare le disposizioni di legge in moda tale da reintrodurre surrettiziamente presupposti di illecita “in sè” della prostituzione che vengono formalmente ed espressamente negati e che, invece, potrebbero finire per qualificare come illegali condotte e prestazioni di servizi alla prostituta che non risulterebbero penalmente rilevanti se destinata ad altre attività”.
Da un punto di vista costituzionale, merita attenzione la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’Appello di Bari con la sua ordinanza del 6 febbraio 2018 sulla Legge n. 75 del 1958, nella parte in cui qualifica come illecito penale il reclutamento ed il favoreggiamento della prostituzione esercitata volontariamente e consapevolmente, in riferimento agli artt. 2, 3, 13, 25, secondo comma, 27 e 41 della Costituzione.
In particolare, emerge come la Corte d’Appello di Bari abbia rilevato come, “nell’attuale contesto storico”, la prostituzione non costituisca “un fenomeno unitario”. In particolare, emerge come i giudici proponenti la domanda abbiano affermato che “Accanto alla prostituzione “coattiva” e a quella “per bisogno”, vi sarebbe, infatti, una prostituzione per scelta totalmente libera e volontaria, la quale troverebbe espressione paradigmatica nella figura della escort (intendendosi per tale l’accompagnatrice retribuita, disponibile anche a prestazioni sessuali): figura ignota all’epoca dell’approvazione della legge n. 75 del 1958”.
Più nello specifico, la prostituzione “coattiva” consisterebbe in quella che riguarda soggetti di colore od extracomunitari traghettati in Italia con un lavoro promesso, ma poi costretti a divenire una componente del mercato del sesso. La prostituzione necessitata, invece, coinvolgerebbe individui giovani in stato di bisogno, per es. il caso della giovane tossicodipendente che mette a disposizione il suo corpo per avere le risorse nel procurarsi la sostanza stupefacente. Infine, la prostituzione volontaria sarebbe quella esercitata dalle escort, spesso con clienti facoltosi, quasi mai violenti o brutali, che potrebbero anche essere oggetto di apposita scelta da parte delle esercenti. Quest’ultima tipologia di prostituzione, pertanto, secondo la Corte d’Appello di Bari, costituirebbe espressione della libertà di autodeterminazione sessuale (rientrante nell’art. 2 Cost.) e che verrebbe lesa delle disposizioni penali oggetto della questione che sanciscono la punibilità di terzi che si limitino a mettere in contatto l’esercente siffatta attività con i clienti (reclutamento) o ad agevolare codesta (favoreggiamento).
Di diverso avviso è stata la Corte Costituzionale, che con sent. n. 141 del 2019 ha dichiarato non fondate siffatte questioni di legittimità costituzionale. In particolare, i giudici costituzionali hanno rilevato come l’art. 2 Cost., nel riconoscere e garantire i “diritti inviolabili dell’uomo” sia in stretta connessione con l’art. 3, co. 2, Cost., norma prodotta per l’effettività di questi diritti, in quanto impegna la Repubblica alla rimozione degli “ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Pertanto, la Corte Costituzionale osserva come la libertà sessuale rientri nei diritti di libertà, e pertanto sia riconosciuta dalla Costituzione. Ma ha rilevato, altresì, come la prostituzione non rappresenti uno strumento di tutela e di sviluppo della persona umana, bensì un’attività economica, essendo, nel caso della prostituzione, una “prestazione di servizio”, volta a derivare un profitto. Quindi, ad avviso della Consulta, non risultano violati né i due principi di cui sopra, e neanche l’art. 41 Cost., sancente la libertà di iniziativa economica, rilevando come quest’ultima risulti protetta costituzionalmente solo quando non comprometta valori preminenti, tra cui la sicurezza, la libertà e la dignità umana. Rileva altresì la Corte costituzionale come rimanga fermo il principio penalistico dell’offensività in concreto, che impone al giudice di escludere il reato quando la condotta risulti, per le specifiche circostanze, concretamente priva di ogni attitudine lesiva.
- Prostituzione e codice ATECO
È notizia recente che l’attività della prostituzione sarebbe stata inserita all’interno della classificazione dei codici ATECO. Il codice ATECO consiste in una combinazione alfanumerica volta ad identificare l’attività economica svolta dall’impresa. Siffatti codici sono aggiornati in stretta collaborazione tra l’Agenzia delle Entrate, le Camere di Commercio ed altri Enti, Ministeri ed associazioni imprenditoriali interessate. L’ultimo aggiornamento risale proprio all’anno in corso (il 2025). Risulterebbero inseriti con il codice 96.99.92, riguardante i “Servizi di incontro ed eventi simili”, che comprende le “attività connesse alla vita sociale, ad esempio attività di accompagnatori e di accompagnatrici (escort), di agenzie di incontro e agenzie matrimoniali”, quelle di “fornitura o organizzazione di servizi sessuali, organizzazione di eventi di prostituzione o gestione di locali di prostituzione” e quelle di “organizzazione di incontri e altre attività di speed networking”.
La domanda che tutti si aspettano è questa: le attività connesse alla prostituzione sono state legalizzate? La risposta è negativa, in quanto, oltre a non essere un atto di legge, lo scopo è ben diverso: identificare siffatte attività ai fini fiscali.
Prima di entrare nel merito del problema che ha suscitato il nuovo codice ATECO, è opportuno domandarsi: come si colloca, ai fini fiscali, l’attività di prostituzione in senso stretto?
A rispondere a siffatta domanda è la Corte di Cassazione, Quinta Sezione Tributaria, con la sentenza n. 15596 del 2016, che afferma come, ai fini dell’IRPEF, se l’attività prostitutiva è svolta autonomamente ed abitualmente, rientra nei redditi da lavoro autonomo. Se invece, codesta attività viene svolta sempre autonomamente, ma occasionalmente, l’attività va considerata come rientrante nei redditi diversi. Quanto sopra, ovviamente, in relazione all’attività di meretricio in senso stretto, quindi all’ambito lecito. Per quanto riguarda le cc.dd. attività collaterali alla prostituzione, tuttora vietate dall’ordinamento, dato che derivano da un reato, i capitali derivanti sono confiscabili, prima ancora che imponibili, in quanto provento di reato.
Infatti, risulta che l’ISTAT ha prodotto una nota facendo presente di aver recepito il codice di cui sopra dalla classificazione statistica delle attività economiche nota come NACE Rev. 2.1.: in particolare, rientra nel codice 96.99 anche l’attività di “provision or arrangement of sexual services, organisation of prostitution eventus or operation of prostitution establishments”. L’ISTAT ha prontamente affermato come “la classificazione statistica delle attività economiche definita a livello comunitario” possa includere sia attività legali, ma anche non legali, al solo fine “di garantire l’esaustività della classificazione e la piena comparabilità dei dati tra Paesi dell’Ue, indipendentemente dal loro regime normativo”. Pertanto, l’ISTAT ha affermato che “l’implementazione della classificazione ATECO 2025 a livello nazionale riguarderà solo gli operatori economici residenti che svolgono attività legali, come nel caso del codice 96.99.92 in cui rientrano, ad esempio, le seguenti attività: le agenzie matrimoniali e quelle di speed dating” e che “La stima delle attività illegali, richiesta nell’ambito dei Sistema dei conti nazionali e regionali dell’Unione europea (SEC), verrà effettuata” da siffatto Ente “esclusivamente nell’ambito dei Conti Nazionali utilizzando metodi di stima indiretti”.
Equivoco risolto, pertanto. Un ultimo dato, questa volta, appunto, statistico, e non normativo: il settore della prostituzione in Italia vale 4,7 miliardi di euro di consumi: dato risalente al 2022, dal quale si è registrata una crescita del 4% rispetto all’anno precedente. Il valore aggiunto del settore risulta pari a 4 miliardi, in crescita del 4,3%.
A cura di: Antonio Natale
Fonti
- “Diritto penale parte speciale, Vol. I, Tutela penale della persona”, a cura di D. Pulitanò, Ed. Giappichelli.
- “Questioni di fine vita e diritto penale”, di A. Massaro, Ed. Giappichelli.
- Corte Costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2019&numero=141 e https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20190607133606.pdf
- Ministero dell’Economia e delle Finanze: https://def.finanze.it/DocTribFrontend/getGiurisprudenzaDetail.do?id=%7B58E84405-3D58-45B9-BFC7-4F6B9D844C4C%7D
- Il Sole 24 Ore: https://www.ilsole24ore.com/art/fisco-ora-prostituzione-ed-escort-hanno-proprio-codice-ateco-AH9YLbE
- ISTAT: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/03/Note-esplicative-ATECO-2025-italiano.pdf
- Per l’immagine: foto di HANSUAN FABREGAS da Pixabay (link: https://pixabay.com/it/illustrations/bocca-rendering-3d-labbra-rosso-7684262/).