Era il 1961 quando l’allora presidente democratico John F. Kennedy istituì un’agenzia destinata a cambiare il volto del mondo nei decenni successivi: l’USAID (United States Agency for International Development). Il suo ruolo è quello di promuovere lo sviluppo economico e sociale nei paesi in via di sviluppo, fornendo assistenza umanitaria, supporto alla governance democratica e aiuti per la salute globale. Opera a livello globale sin dagli anni Sessanta e ha finanziato centinaia di programmi che hanno migliorato la vita di milioni di persone.
Sanità, istruzione, sostentamento e governance sono solo alcuni dei programmi sostenuti da questa agenzia. Essa è finanziata dagli Stati Uniti con una spesa pari allo 0,33% del PIL, una cifra relativamente bassa rispetto all’enorme economia di Washington. Il ruolo dell’USAID è stato senza dubbio uno dei principali strumenti attraverso cui il soft power degli Stati Uniti ha plasmato, per decenni, anche le zone più remote del mondo, diffondendo una narrativa favorevole all’Occidente e rafforzando la sua influenza globale.
Le vite di milioni di persone sono migliorate grazie ai programmi di distribuzione di vaccini promossi dalle organizzazioni internazionali, ai progetti di sostegno alimentare e all’accesso all’istruzione. Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, quest’ultima è diventata il principale destinatario degli aiuti dell’USAID, ricevendo circa il 16% dei miliardi di dollari stanziati dagli Stati Uniti. La maggior parte di questi fondi è stata destinata ad aiuti non militari, volti a sostenere la popolazione e le infrastrutture civili del paese.
Fino al 2019, gli americani erano divisi in modo piuttosto equilibrato sull’uso dei fondi stanziati dall’USAID: il 35% degli intervistati auspicava un maggiore impegno economico, il 33% riteneva che mantenere il livello di partecipazione invariato fosse la scelta giusta, mentre il restante 28% sperava in una riduzione degli investimenti da parte degli Stati Uniti.
Poi è arrivato Trump. Di nuovo.
Nel giro di pochissime ore, le circa 4.500 persone che lavoravano nell’agenzia sono state licenziate. È stato detto loro di lasciare immediatamente l’ufficio e di tornare poco dopo, avendo soltanto quindici minuti per raccogliere i propri effetti personali. Non è stato un fulmine a ciel sereno, però. La decisione rientra nella strategia di Trump volta a tagliare quelle spese che, secondo lui e i suoi collaboratori, sono eccessive. Non è il primo taglio e non sarà l’ultimo.
Sul motivo per cui il presidente americano abbia scelto di smantellare uno dei più grandi strumenti di soft power a disposizione degli Stati Uniti, ci sono molte ipotesi. La più accreditata è che si tratti semplicemente di una mossa per rafforzare il suo consenso interno, senza preoccuparsi delle conseguenze globali.
Tuttavia, il 5 marzo 2025, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto l’ordine esecutivo con cui Trump aveva bloccato i fondi destinati alle organizzazioni di assistenza estera, obbligando l’amministrazione a riprendere i pagamenti. La decisione è passata con una maggioranza di 5 contro 4, rappresentando una battuta d’arresto per la politica di riduzione degli aiuti internazionali voluta dalla Casa Bianca e riaffermando i limiti del potere esecutivo di fronte alla legge.
Fonti:
https://www.nytimes.com/2025/03/05/us/politics/trump-usaid-foreign-aid-supreme-court.html
https://www.nytimes.com/2025/02/27/health/usaid-contract-terminations.html
https://www.politico.com/news/2025/02/23/usaid-place-most-personnel-leave-lay-offs-00205642
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