La Bolkestein: alcuni sviluppi

Nel 2022 già parlai di questa dinamica, andando a descrivere cosa prevede questa direttiva dell’Unione europea, le procedure di infrazione verificatesi e la sentenza CGUE n. 458 del 2016 che ha affermato che “[l’atto della direttiva Bolkestein] deve essere interpretato nel senso che osta una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico‑ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la decisione di cui sopra, ha censurato il comportamento normativo attuato dall’Italia in materia, ribadendo il fatto che la proroga automatica delle concessioni è una violazione del diritto europeo e che diventa necessario dare la corretta applicazione delle disposizioni contenute nella direttiva.

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Adesso, direi che è arrivato il momento di vedere quali sono stati gli sviluppi, anche giurisprudenziali, di questa querelle ultradecennale tra l’Italia ed il diritto dell’Unione Europea.

Un primo sviluppo giurisprudenziale da fare presente è quello segnato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea il 20 aprile 2023, ruolo C-348/22, in una causa con attore l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro il Comune di Ginosa, dove è stato fatto nuovamente presente che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento.

 

La CGUE ha dichiarato che tale principio, previsto nella direttiva, si applica anche alle concessioni per l’occupazione del demanio marittimo e prescrive, inoltre, che i criteri adottati da uno Stato membro per valutare la scarsità delle risorse naturali utilizzabili siano basati su parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati.

Emerge, inoltre, che l’obbligo di indire gare per l’aggiudicazione – anche – delle concessioni per l’occupazione delle spiagge ed il divieto di rinnovare automaticamente quelle già rilasciate sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva. Per questa ragione (c.d. direttiva self-executing) tali disposizioni sono produttive di effetti diretti e quindi i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese in particolar modo quelle comunali, sono tenute ad applicarle, anche disapplicando le norme nazionali non conformi a quelle del legislatore dell’Unione europea.

 

La questione delle concessioni balneari è finita anche al Giudice delle Leggi (alla Corte Costituzionale), intervenuta in un giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 36 e 38 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2023, n. 2 (Legge di stabilità regionale 2023-2025), proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri il 29 aprile 2023.

L’art. 36 della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2023, n. 2, oggetto di esame da parte della Consulta, nella sua prima parte, fissava il nuovo termine al 30 aprile 2023 per la presentazione delle domande di proroga delle concessioni demaniali marittime attualmente in essere. La parte ricorrente osservò che tale legge regionale impugnata corroborava “la proroga delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2033», citando anche la già analizzata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (v. supra), in causa C-348/22.

 

In ragione di quanto sopra, il ricorrente ha osservato che il differimento al 30 aprile 2023 del termine per la presentazione delle domande di proroga delle concessioni, come introdotto dalla disposizione regionale impugnata, recherebbe ostacolo alla piena applicazione, nell’ordinamento interno, del diritto dell’Unione europea «per avere la Regione Sicilia legiferato in difformità dai vincoli» da quest’ultima derivanti. In tal modo, il legislatore regionale avrebbe ecceduto dalle competenze ad esso riservate dagli artt. 14 e 17 dello statuto di autonomia e avrebbe violato l’art. 117, primo comma, Cost. che «vincola anche il legislatore regionale all’osservanza degli obblighi internazionali assunti dall’Italia».

 

Con la sentenza n. 109/2024 resa in data 16/04/2024, la Corte Costituzionale, rilevando che la rinnovazione del termine per la presentazione dell’istanza di proroga della concessione comporta l’alterazione del regime di durata dei rapporti in corso, perpetuandone il mantenimento, e  rafforzando, in contrasto con i principi del diritto UE sulla concorrenza, la barriera in entrata per nuovi operatori economici potenzialmente interessati alla utilizzazione, a fini imprenditoriali, delle aree del demanio marittimo, ha dichiarato l’illegittimità della legge della Regione Siciliana in esame.

 

Ha animato questa querelle anche il Consiglio di Stato, che in un contenzioso promosso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro il Comune di Castellaneta e nei confronti di diverse imprese balneari, con la sentenza n. 4481 del 20/05/2024, ha sancito l’illegittimità e la necessaria disapplicazione, da parte di ogni Amministrazione, delle proroghe delle concessioni demaniali marittime turistico-ricreative. Tale sentenza del Consiglio di Stato rimarca la necessità di aggiudicare tali concessioni per mezzo di gara rispondente ai requisiti previsti (individuabili nella sentenza CGUE di cui sopra).

 

Il Consiglio di Stato ha sancito che è possibile ritenere compatibile con il diritto dell’Unione europea la sola proroga “tecnica”, in quanto funzionale allo svolgimento della gara, ma per il tempo strettamente necessario alla chiusura di tale procedure, e non oltre il 31 dicembre 2024 e comunque solo quanto ricorrono “ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa”.

 

Sempre i giudici del secondo grado della giustizia amministrativa aggiungono, inoltre, un’altra condizione di legittimità delle proroghe di cui sopra: “che le autorità amministrative competenti – e, in particolare, quelle comunali – devono avere già indetto la procedura selettiva o comunque avere deliberato di indirla in tempi brevissimi, emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi”.

I Giudici amministrativi di secondo grado ritengono che suddetta procedura può considerarsi avviata “in presenza quantomeno di un atto di indirizzo volto ad indire, finalmente, le gare, non essendo consentito comunque, sul piano logico prima ancor che cronologico, disporre una proroga tecnica finalizzata alla conclusione di una procedura di gara che nemmeno sia stata avviata, quantomeno a livello programmatico, pur di fronte a vicende contenziose o a difficoltà legate all’espletamento della procedura stessa, nell’assenza, ad oggi, di un più volte auspicato riordino sistematico dell’intera materia, dove confluiscono e trovano composizione, come ha ricordato la Corte costituzionale, molteplici e rilevanti interessi, pubblici e privati”.

 

 

Altra pronuncia giurisprudenziale da citare è quella della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, datata all’11 luglio 2024, causa al ruolo n. C-598/22 tra Società Italiana Imprese Balneari S.r.l. e Comune di Rosignano Marittimo, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia del demanio – Direzione Regionale Toscana e Umbria e Regione Toscana.

 

Tale pronuncia nasce dal seguente contesto giuridico: l’art. 49, primo comma, del Codice della Navigazione sancisce che «Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato».

 

In applicazione di questa norma, il 23 settembre 2008, il Comune ha notificato alla SIIB l’avvio del procedimento di incameramento delle pertinenze del demanio pubblico non ancora acquisite, senza però portarlo a termine.

Con decisione del 16 aprile 2015, il Comune ha ribadito che i fabbricati presenti sull’area demaniale in concessione erano pertinenze del demanio pubblico.

La S.I.I.B. si è opposta a queste decisioni, proponendo ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo della Toscana. Quest’ultimo ha respinto tutti i ricorsi con sentenza del 10 marzo 2021, contro la quale la ricorrente ha interposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, giudice del rinvio di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: “se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza del 28 gennaio 2016, Laezza (C 375/14), ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 [del codice della navigazione] nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo».

 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sentenziato che l’articolo 49 TFUE (che sancisce il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini degli Stati membri dell’UE all’interno di quest’ultima) deve essere interpretato nel senso che “esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”. Questa sentenza conferma, sostanzialmente, la conformità al diritto dell’Unione europea anche dell’art. 49, primo comma, del Codice della Navigazione, e quindi inserisce un altro tassello fondamentale per l’applicazione della direttiva in analisi in Italia.

 

Fonti

 

 

 

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