Sono trascorsi quarantacinque anni esatti da uno dei cosiddetti omicidi eccellenti di mafia. È il 6 gennaio del 1980 e Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana, esce di casa accompagnato dalla moglie, Irma Chiazzese, ed altri familiari. È un giorno di festa e Mattarella dice agli uomini della sua scorta di rimanere a casa con le proprie famiglie, commettendo un errore che gli costerà la vita. Sale in macchina, mette in moto ed esce dal garage. Si ferma pochi istanti, giusto il tempo di far salire gli altri passeggeri. Si tratta di una frazione di secondi ed arriva un uomo a viso scoperto e apre il fuoco. Il Presidente si accascia inerme sul volante dell’auto tra le urla della moglie. Il killer si allontana e fugge via. Nel giro di pochi istanti in via Libertà (luogo dell’agguato) iniziano ad arrivare le forze dell’ordine e gli operatori della Croce Rossa. In tutto quel trambusto arriva anche una donna, il suo nome è Letizia Battaglia. Il suo è un mestiere molto delicato nella Palermo di quegli anni, fotografa le scene dei delitti di mafia e non solo. La scena che immortala rimarrà scolpita nella memoria di molti. Fotografa il momento esatto in cui viene estratto il corpo di Piersanti Mattarella, in fin di vita, dall’auto. Un dettaglio che non sfugge è che a reggere il corpo c’è un uomo che è il fratello della vittima, quell’uomo oggi ricopre la carica più alta dello Stato: si tratta del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Le immagini mostrano un Sergio Mattarella segnato dal dolore. Quello che si scatena dopo è inimmaginabile. Inizia una caccia all’uomo per tutta Palermo e non solo. Ma è difficile, molto difficile. Ci troviamo in una Palermo alle prese con la seconda guerra di mafia in atto, dove il velo dell’omertà è molto alto. Tanto che il killer agisce, come detto prima, a volto scoperto. Ancora oggi non si sa per certo, anche da un punto di vista processuale, chi fosse quell’uomo dagli “occhi color ghiaccio” (come diranno i testimoni). Per anni sono state seguite varie piste, nessuna delle quali ha portato a delle condanne ma solo a delle assoluzioni. I mandanti, invece, secondo le sentenze di condanna sono da rinvenire nei membri della Cupola di Cosa Nostra: da Totò Riina a Bernardo Provenzano, da Michele Greco (detto “il Papa”) a Bernardo Brusca, sono stati coinvolti anche Pippo Calò (il “banchiere” di Cosa Nostra), Francesco Madonia e Antonio Geraci. Per anni gli inquirenti hanno seguito il filone che portava a eventuali coinvolgimenti di “forze esterne” a Cosa Nostra, ma anche queste si sono rivelate un buco nell’acqua da un punto di vista processuale. Una svolta è avvenuta qualche giorno fa, quando Lirio Abbate, sul quotidiano la “Repubblica” ha lanciato una notizia molto rilevante: un’indagine firmata dal Procuratore Capo di Palermo, Maurizio De Lucia, e dalla Procuratrice Aggiunta, Marzia Sabella, porta in luce dei nuovi elementi. Stando all’indagine, ancora in corso, sono stati iscritti nel registro degli indagati due killer appartenenti a Cosa Nostra. Quindi potrebbero escludersi eventuali coinvolgimenti di “forze esterne”. Tuttavia, si tratta di indagini ancora in corso, perciò sarà la magistratura a stabilire se queste notizie siano fondate o meno. Non va dimenticato che, secondo quanto stabilisce il nostro codice di procedura penale, nel nostro ordinamento vige il principio di non colpevolezza del reo finché non vi sia sentenza che sia passata in giudicato. Attraverso la presunzione di innocenza gli imputati, qualunque essi siano, non possono essere considerati colpevoli salvo che si dimostri il contrario. Ma ora il vero dilemma è un altro. Mattarella era un esponente della Democrazia Cristiana in Sicilia, considerato molto vicino ad Aldo Moro, il presidente della DC che fu assassinato dalle Brigate Rosse nel maggio del 1978. La cosa che li accomuna entrambi è che anche il presidente della regione, come Moro, si era avvicinato al Partito Comunista Italiano in Sicilia. In particolar modo al segretario regionale del partito, Pio La Torre. Quest’ultimo, non va dimenticato, è colui che prima di essere ammazzato da Cosa Nostra (il 30 aprile 1982) firmerà una legge che permise alla magistratura di instaurare il Maxi-processo a Cosa Nostra, la cosiddetta Lognoni-La Torre che introdusse nel nostro ordinamento il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Sarà forse un caso che un uomo così vicino ad Aldo Moro, che aveva cercato anche lui di avere un’apertura verso il mondo della sinistra, sia stata messo a tacere? Perché la Cupola decise di eliminare un pezzo così importante per le istituzioni? Si pensa alle volte che Cosa Nostra abbia voluto fare la guerra allo Stato con lo stragismo degli anni 1992-1994, ma la realtà dei fatti è che lo stragismo è iniziato molto prima. Tanti sono i nomi degli uomini delle istituzioni e non solo che hanno perso la vita. Una cosa rimarrà scalfita in via Libertà, via Carini, via d’Amelio e le tante altre, l’odore della polvere da sparo, le urla e una città che ha subito una guerra che non voleva. Giovanni Falcone sosteneva che “mafia è un fenomeno umano, ha avuto un suo inizio, un suo sviluppo e presto avrà anche una fine”.
Fonte articolo:
Il Fatto Quotidiano: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/01/04/indagati-i-due-presunti-sicari-di-cosa-nostra-che-uccisero-piersanti-mattarella-linchiesta-della-procura-di-palermo-sul-delitto-del-1980/7825143/
Fonte immagine: Pixabay (https://pixabay.com/it/photos/palermo-sicilia-italia-orizzonte-4217376/)