C’è un luogo sulla terra dove per anni il commercio dell’oppio ha rappresentato la maggiore fonte di guadagno per la popolazione: quel luogo è l’Afghanistan. Può sembrare paradossale, ma in quella che è stata definita la “tomba degli imperi” il commercio di questa sostanza ha rappresentato una grande fetta di guadagno. Basti pensare che secondo quanto hanno riportato le Nazioni Unite, nel 2021 questo flusso e il derivante giro di droga aveva prodotto un introito stimato da uno a due miliardi e mezzo di dollari, pari tra il 9 e il 14 % del PIL afghano; infatti, circa quattrocentocinquanta mila afghani erano impegnati in questo settore. Anche la roccaforte per eccellenza dei talebani, Kandahar, vedeva un incasso superiore ai trecentocinquanta milioni di euro l’anno.
Alti e bassi della produzione
La produzione iniziò negli anni Ottanta del secolo scorso, per poi trovare un primo ostacolo nel 2000, quando i talebani fermarono la coltivazione. Una coltivazione che era tornata a crescere con i governi appoggiati dagli Stati Uniti, per poi essere bandita nuovamente dai talebani definitivamente nel 2023. Infatti, durante la loro prima conferenza stampa – dopo il ritorno al potere il 14 agosto 2021 – dissero chiaramente che l’avrebbero interrotta. Un commercio, che stando alle stime della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, si aggirava attorno al 14% del Pil afghano. Questo stop da parte degli studenti coranici ha comportato un calo del 95% della produzione, e si è passati da duecento trentatré mila ettari di oppio nel 2022 a diecimila ottocento nel 2023. Altro numero impressionante sono le tonnellate che sono passate da seimila duecento a trecento trentatré. Basti pensare che l’eroina esportabile si è ridotta ventiquattro-trentotto tonnellate, quando nel 2022 erano tra le trecento cinquanta e le cinquecento ottanta. Tant’è che Ghada Waly, direttore esecutivo dell’UNODC (l’ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della Droga e del Crimine), ha dichiarato nel 2023 che “oggi il popolo afghano ha urgente bisogno di assistenza umanitaria […] per assorbire lo shock della perdita di reddito e salvare vite umane”. Un altro numero impressionante è che le coltivazioni del papavero da oppio sono passate dall’essere estese 1200 km nel 2022 a 10 km nel 2023. Nella provincia di Nangarhar, dove era presente una delle più grandi estensioni della coltivazione, si è passati da settanta chilometri quadrati ad otto circa.
Un nuovo scenario
Da quando la coltivazione è stata fermata in Afghanistan il principale produttore della zona a livello mondiale è il Myanmar (Paese che soffre di una forte instabilità politica dovuta alla guerra civile). Questo dato è confermato anche dall’ultimo rapporto dell’UNODC. Alla fine dello scorso anno l’ex Birmania ha aumentato la produzione dell’oppio del 36%, raggiungendo mille ottanta tonnellate. Dall’oppio derivano la morfina e l’eroina. Il valore economico che si è toccati in questa parte della terra, per le Nazioni Unite, è pari a 1/2,4 miliardi di dollari. Secondo quanto riporta il Guardian la principale area della coltivazione è lo Stato di Shan; la parte settentrionale è sconvolta dai combattimenti e sfollamenti dopo che un’alleanza di gruppi armati di minoranza etnica ha lanciato un’offensiva contro la giunta militare al potere. Secondo sempre l’ONU, questo Stato rappresenta la principale fonte di metanfetamine del Sud-est asiatico. In merito alla situazione in Myanmar il Rappresentante regionale dell’UNODC, Jeremy Douglas, ha affermato: “le perturbazioni economiche, di sicurezza e di governance che hanno fatto seguito alla presa del potere militare del febbraio 2021, continuano a spingere gli agricoltori in aree remote verso l’oppio per guadagnarsi da vivere”.
Il triangolo d’oro
Il calo della produzione in Afghanistan ha visto tornare in auge il triangolo d’oro. È una zona montuosa compresa tra il Myanmar, il Laos e la Thailandia, coprendo così una superficie di circa trecentonovanta mila chilometri quadrati. Si tratta della seconda area asiatica per importanza della produzione dell’oppio (dopo la mezzaluna d’oro in Afghanistan). Ha questo nome poiché buona parte dell’oppio da raffinare veniva acquistato con delle barre d’oro. La coltivazione in questa zona dalla metà degli anni Sessanta del secolo scorso riguardava l’eroina, per poi passare dagli anni Novanta alle metanfetamine.
Tutta questa storia ha un comun denominatore: il potere. Un potere che è esercitato da persone, organizzazioni che hanno scopo primario arricchirsi. Principalmente se stessi e solo in rari casi anche gli altri. Che si tratti dell’Afghanistan, del Myanmar o del Sud America poco cambia, perché chi ci rimette sono le persone che fanno uso di queste sostanze. Spesso non si pensa al giro di affari che si cela dietro al singolo spaccio di una qualsivoglia piazza del nostro Paese o altro dell’Europa e non solo. Se iniziassimo a pensare in grande a cosa accade forse tutti insieme riusciremmo goccia per goccia a scavare la pietra. Un detto dice che la goccia non scava la pietra per la sua forza, ma per la sua costanza.
Di Mattia Muzzurru
Fonti articolo:
1. Il Fatto Quotidiano: https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/12/12/afghanistan-crollo-della- coltivazione-di-oppio-dopo-il-divieto-imposto-dai-talebani-ora-il-primo-produttore-al-mondo-e-il- myanmar/7381103/
2. AGI: https://www.agi.it/estero/news/2023-11-05/afghanistan-onu-produzione-oppio-crolla- dopo-stop-talebani-23818529/
3. Il Post: https://www.ilpost.it/2023/07/08/talebani-oppio-divieto-distruzione-coltivazioni- droga/
- Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Triangolo_d%27oro_(Asia)
- Atlante delle guerre e dei conflitto del mondo: https://www.atlanteguerre.it/droghe-il-
ritorno-del-triangolo-doro/
7. UNODC: https://www.unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/world-drug-report-2023.html
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