Premessa
Nel 1999 c’è stata la prima proposta di legge sul testamento biologico, a cui è seguito un secondo testo nel 2000, ma che non sono mai stati discussi in Parlamento durante la XIII legislatura. Durante la XIV, durata fino al 2006, sono stati presentati un progetto alla Camera e quattro disegni al Senato. Il 19 luglio 2005 la Commissione Igiene e Sanità del Senato ha approvato un disegno di sedici articoli, riuscendo a convergere le posizioni di senatori di destra e sinistra, ma anche di laici e cattolici. Nel testo di legge sul ‘testamento di vita’ viene affermato che il documento era vincolato per il medico, doveva essere registrato presso un notaio e doveva comparire la figura del fiduciario o amministratore di sostegno. Tuttavia, il disegno non è stato discusso in plenaria al Senato per motivi di opportunità politica. Dal 2006 al 2008, durante la XV legislatura, Ignazio Marino che presiede la Commissione ha avviato la trattazione dei disegni di legge. Egli è stato un chirurgo dei trapianti e ha richiesto un’indagine, tramite sondaggio, all’Istituto Eurispes che ha rivelato che il 74.7% dei cittadini italiani era favorevole all’introduzione del testamento biologico. Tuttavia, con la caduta del governo naufraga ancora l’ipotesi di una legge. Con l’avvento della XVI legislatura, il periodo che va dal 2008 al 2013, è riiniziata la discussione su tredici disegni presentati. Si è giunti a un testo unico che è stato approvato dal Senato, in cui però il testamento biologico è divenuto più un’indicazione che un documento di chiare volontà e la nutrizione artificiale è stata esclusa dalle pratiche di cura indicate all’interno delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Tuttavia, nel 2011 l’Assemblea della Camera ha concluso l’esame del provvedimento e lo ha ritrasmesso al Senato, ma non è mai giunto a conclusione. Dopo l’avvento di nuovi governi e numerose discussioni, il 31 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge 22 dicembre 2017, n. 219 che contiene le norme in materie di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento. Nello specifico, essa ha sancito il diritto di ogni persona maggiorenne di poter redigere le proprie disposizioni anticipate di trattamento (DAT), quindi il proprio testamento biologico.
Il quadro ordinamentale odierno
Oggi, i due reati cardine del fine vita sono due: l’omicidio del consenziente, previsto dall’art. 579 c.p., e l’istigazione o l’aiuto al suicidio, previsto dall’art. 580 c.p.
- I casi Welby ed Englaro: art. 579 c.p.
In particolare, la fattispecie illecita ex art. 579 c.p. punisce “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui”, prevendendo la pena della reclusione da sei a quindici anni. Prevede, altresì, la non applicazione delle circostanze aggravanti generiche ex art. 61 c.p.
Allo stesso tempo, la norma rinvia alle disposizioni relative all’omicidio (reato previsto dall’art. 575 c.p., punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno) se il fatto di cui sopra viene commesso contro: 1) una persona minore degli anni diciotto; 2) una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; 3) una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno .
La portata applicativa di quanto sopra è venuta in evidenza soprattutto con il caso Piergiorgio Welby. Siamo nel 2006 ed al sig. Welby, all’età di soli diciotto anni, venne diagnosticata una “distrofia fascioscapolomerale” che lo aveva progressivamente costretto al ventilatore polmonare, lasciando intatte le sole funzioni cognitive.
Tentò diversi trattamenti sanitari, ma nessuno fu in grado di fermare l’evoluzione del quadro patologico di cui sopra. Pertanto, si era arrivati ad un unico scopo: quello di differire nel tempo “l’ineludibile e certo esito infausto”, con un conseguenze prolungamento delle funzioni essenziali “alla sopravvivenza biologica ed il gravissimo stato patologico in cui Welby versava”.
Piergiorgio, nella fase terminale di tale malattia, chiese al medico – dopo essere stato informato sull’evoluzione della patologia e dei trattamenti sanitari somministrati – “di non essere ulteriormente sottoposto alle terapie di sostentamento che erano in atto e di ricevere assistenza solamente per lenire le sofferenze fisiche”. A seguito del rifiuto da parte del sanitario, Piergiorgio decise di intraprendere un procedimento civile d’urgenza ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendo la pronunzia di un provvedimento che obblighi l’esecuzione di tale intervento a suo favore. Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 16 ottobre 2006, pur rilevando un diritto soggettivo costituzionalmente garantito nella pretesa del ricorrente, lo riteneva privo di tutela, ed il ricorso venne dichiarato inammissibile.
Ad un certo punto, il sig. Welby conobbe il Dott. Mario Riccio. Quest’ultimo professionista sanitario decise di prendersi ogni responsabilità, ed il 20 dicembre 2006 procedette al distacco del respiratore artificiale.
Il Dott. Mario Riccio venne indagato per omicidio del consenziente ex art. 579 c.p. Il Pubblico Ministero chiese l’archiviazione, ma il Giudice per le Indagini Preliminari decise di formulare un’imputazione coatta. Il caso arrivò al Giudice per l’Udienza Preliminare di Roma, che optò per il “non luogo a procedere” contro Mario Riccio per la presenza della scriminante dell’adempimento del dovere, prevista dall’art. 51 c.p., e, pertanto, “il fatto non costituisce reato”. In particolare, è emerso come la condotta del dott. Riccio si sia realizzata nell’ambito di una relazione terapeutica e, pertanto, con l’annesso diritto del paziente a rifiutare i trattamenti sanitari non voluti.
È proprio su quest’ultima affermazione (“il fatto non costituisce reato”) che deve essere oggetto di una più specifica analisi. In particolare, sta a significare che il fatto è tipico penale (cioè, in termini poveri, è penalmente rilevante), integra un reato, ma non viene punito per via di una situazione soggettiva che merita eguale tutela (nel caso di specie, l’adempimento del dovere ex art. 51 c.p.).
Si direbbe, pertanto, una mera presa d’atto di un quadro legislativo incompleto sul fine vita.
C’è un altro caso, che merita di essere trattato nella presente argomentazione: è quello riguardante Eluana Englaro.
Eluana Englaro era una giovane che subì un grave incidente stradale. Tale sinistro la ridusse ad uno stato di coma vegetativo irreversibile. Questo, sta a significare che Eluana entrò in uno stato di permanente incapacità di intendere e di volere, e che era costretta a dipendere da una macchina che gli somministrava l’alimentazione forzata. C’è una grande differenza rispetto al caso Welby: Eluana non aveva la possibilità di esprimere la propria volontà.
In una lettera rivolta alle più importanti cariche dello Stato, i genitori di Eluana Englaro dichiararono che “La libertà di disporre della propria vita secondo la sua coscienza e la sua ragione era un valore irrinunciabile per Eluana, il quale non sarebbe mai potuto venir meno perché faceva parte, per così dire, del suo DNA”. Dopo una complessa situazione processuale, Beppino Englaro ottenne, con decreto della Corte d’Appello di Milano, l’autorizzazione al distacco degli strumenti di alimentazione artificiale. Da qua, però, nacque un altro problema, che era il seguente: chi doveva eseguire tale operazione? La risposta, a primo avviso, è semplice: la sanità! Ma, a farsi, si rivelò molto complessa la soluzione.
In particolare, il sig. Englaro si era rivolto alla Regione Lombardia, chiedendo la messa a disposizione di una struttura sanitaria per eseguire tale intervento. La Regione Lombardia rispose a tale richiesta con un diniego. Da qui, Englaro ha dovuto intraprendere la via della giustizia amministrativa, proponendo ricorso avverso il diniego di cui sopra al Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, che lo accolse. La decisione è stata confermata in secondo grado, nel 2014, dal Consiglio di Stato, che si è pronunziato sull’appello formulato dalla soccombente. In particolare, grazie all’operato della giustizia amministrativa, è emerso come in capo all’amministrazione sanitaria (in questo caso la Regione Lombardia) sussistesse un vero e proprio obbligo di facere in tal senso.
- La legge 22 dicembre 2017, n. 219
Una prima risposta, da parte del legislatore, alle istanze del fine vita, si è ottenuta con la legge 22 dicembre 2017, n. 219. Tale legge, intitolata “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” è basata sui seguenti due nuclei essenziali: la valenza anche negativa del diritto alla salute previsto dall’art. 32 della Costituzione e le disposizioni anticipate di trattamento (note con l’acronimo “DAT”).
Per quanto riguarda il primo l’aspetto, la presente legge sancisce il diritto del paziente al rifiuto del trattamento sanitario, nonché anche quello di revoca del consenso (va inteso quello informato, che deve essere acquisito dal medico dal paziente prima dell’avvio del trattamento sanitario, e prestato consapevolmente, dopo adeguata informazione, e senza alcuna pressione esterna).
In particolare, per rifiuto del trattamento sanitario va inteso che codesto ancora non è somministrato al paziente in quel momento in cui esprime la volontà di non avvalersene. In questo caso, trattasi di un limite alla tipicità penale: in particolare, viene disapplicato in tal caso l’art. 40, co. 2, c.p. che recita che “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo” (l’evento in questione è l’aggravamento delle condizioni di salute). Pertanto, non sussiste alcun illecito penale e neppure alcuna responsabilità civilistica.
Altro discorso va applicato, invece, alla revoca del consenso trattamento sanitario: si intende, a tal proposito, che tale trattamento, al momento in cui il paziente revoca il suo consenso, era già incominciato. Pertanto, il medico, interrompendo tale trattamento, rimane sempre esente da responsabilità civile e penale. Però, l’azione del medico sarà coperta non dall’assenza di tipicità penale – come nel caso di cui sopra – ma dalla scriminante ex art. 51 c.p. (adempimento del dovere).
In ogni caso, il medico dovrà illustrare al paziente ed ai suoi familiari ogni conseguenza derivante da tali decisioni.
Riguardo le disposizioni anticipate di trattamento, la presente legge apre alla possibilità, per qualunque persona, di emettere tale atto, consistente nel disporre dei trattamenti sanitari a cui volersi sottoporre in caso di incapacità di intendere e di volere. In particolare, ogni persona può emettere tale atto, elencando tutti i determinati trattamenti sanitari che si richiedono oppure rifiutarli a prescindere, dopo un’adeguata informazione da parte del medico. In tali disposizioni, il paziente deve eleggere un proprio fiduciario: figura molto importante, in quanto solo codesto, in accordo con il medico, può disattendere tali indicazioni, in caso di ragioni di opportunità terapeutica. In particolare, le DAT possono essere disattese dal medico, in accordo con il fiduciario quando: a) non corrispondono o solo palesemente incongrue alla condizione clinica attuale del paziente; b) all’atto della sottoscrizione non sussistevano terapie prevedibili, capaci di dare possibilità concrete di miglioramento delle condizioni di vita.
Nel caso di divergenza tra fiduciario e medico sui trattamenti sanitari a cui sottoporre il beneficiario della DAT, dovrà decidere il giudice tutelare. Infine, si prevede che le DAT possono essere rilasciata nella forma, alternativa, dell’atto pubblico, della scrittura privata autenticata e della scrittura privata semplice ma consegnata all’Ufficio dello Stato Civile del comune di residenza.
- Il caso Fabiano Antoniani e Marco Cappato: l’art. 580 c.p. e Corte Cost., sent. n. 242/2019
La fattispecie illecita ex art. 580 c.p. punisce, invece, “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione”. La pena consiste, se il suicidio avviene, nella reclusione da cinque a dodici anni. Se non avviene, invece, la sanzione è sempre detentiva, ma in un quantum edittale minore, da uno a cinque anni, “sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima”. Prevede, altresì, l’aumento di pena nel caso di persona istigata, eccitata od aiutata minorenne od inferma (o sotto abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti), e l’applicazione delle disposizioni relative all’omicidio nel caso di soggetto passivo minore di anni quattordici od incapace di intendere e di volere.
La differenza sostanziale tra l’art. 579 ed il 580 del Codice Penale è la seguente: mentre nell’omicidio del consenziente (art. 579 c.p.) il dominium della situazione che porta alla morte è in capo al soggetto attivo (chi commette il reato), nell’istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.), invece, tale controllo lo ha lo stesso soggetto passivo (l’aspirante suicida).
La giurisprudenza sull’art. 580 c.p., in relazione al fine vita, gioca un ruolo molto importante con il noto caso Fabiano Antoniani.
Il sig. Fabiano Antoniani (conosciuto anche come “Dj Fabo”) era un noto dj. Purtroppo, anche Antoniani è stato vittima di un incidente stradale, che lo ridusse ad uno stato di tetraplegia, che addirittura non gli permetteva di soddisfare i normali bisogni vitali in autonomia, se non mediante l’ausilio di terzi. Fabiano Antoniani maturò, in autonomia, il proposito di dare termine alla sua vita ed entrò in contatto con l’associazione Dignitas, ente che gli permise di trovare la disponibilità di una clinica svizzera per eseguire l’intervento. Successivamente, conobbe Marco Cappato, che si offrì per accompagnarlo in auto da Milano alla clinica svizzera di cui sopra. Tale trasporto avvenne, e Fabiano Antoniani, giunto alla clinica svizzera, morì dopo aver morso un pulsante, che aprì un circuito per iniettare un farmaco letale nel corpo.
Marco Cappato, una volta rientrato a Milano, si autodenunciò in una locale stazione dei Carabinieri, e partì un processo per il reato sopradescritto (art. 580 c.p.).
Nel corso dell’udienza dinanzi al Giudice per le Indagini Preliminari, gli inquirenti chiesero a quest’ultimo di sollevare questione di legittimità costituzione del reato di cui all’art. 580 c.p. per la parte in cui punisce anche il mero aiuto materiale (oltre a quello morale, escluso nel caso di specie, dato che Antoniani entrò in contatto con l’associazione svizzera Dignitas prima di conoscere Cappato, pagando, addirittura, la quota associativa) al suicida che sia in uno stato patologico irreversibile e costretto ad essere in vita senza alcuna dignità. Tale richiesta venne respinta, e Marco Cappato chiese il giudizio immediato, che fu disposto in Corte d’Assise.
Il processo, pertanto, incominciò in Corte d’Assise a Milano. La pubblica accusa chiese di assolvere l’imputato con formula piena (“il fatto non sussiste”) oppure di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. nella parte in cui punisce l’aiuto fisico o materiale al suicidio senza che venga esclusa la responsabilità penale dell’agente che si presta da ausilio al malato terminale che ritenga che le sue condizioni di vita siano contro la dignità.
I giudici della Corte d’Assise di Milano optarono per la seconda opzione, e pertanto sospesero il processo, rimettendo gli atti alla Corte costituzionale.
Questo caso è ricordato anche per l’innovazione che ha registrato la giurisprudenza costituzionale. In particolare, la Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 207 del 2018, dispose un rinvio dell’udienza al 24 settembre 2019, pur rilevando che l’art. 580 c.p. presentava aspetti critici, e che era opportuno un intervento legislativo da parte del Parlamento.
Il 25 settembre 2019 venne pubblicato un comunicato stampa della Corte costituzionale, che recita quanto segue: “La Corte costituzionale si è riunita in camera di consiglio per esaminare le questioni sollevate dalla Corte d’assise di Milano sull’articolo 580 del Codice penale riguardanti la punibilità dell’aiuto al suicidio di chi sia già determinato a togliersi la vita. In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. In attesa di un indispensabile intervento del legislatore, la Corte ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente. La Corte sottolinea che l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018. Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate”.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 242/2019, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., nella parte in cui non prevede quanto sopra, è intervenuta in surroga del legislatore, delimitando questa nuova causa di non punibilità.
Dopo tale pronuncia, la Corte d’Assise di Milano ha assolto Marco Cappato con formula di assoluzione piena (“il fatto non sussiste”).
- La sent. n. 135 del 2024 della Corte Costituzionale
Nel 2024, il dibattito sul fine vita si è rianimato. In particolare, viene sollevata dal Tribunale di Firenze una questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., “come modificato dalla sentenza n. 242 del 2019” della stessa Corte (!), nella parte in cui subordina la non punibilità di chi agevola l’altrui suicidio alla condizione che l’aiuto sia prestato a una persona “tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale”.
Quello che bisogna rilevare è che la Corte costituzionale viene trattata come se fosse il legislatore, nonostante l’art. 137, co. 3, Cost. prevede che “Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione”.
La storia che ha originato il caso dinanzi al giudice del rinvio è il seguente: un paziente affetto da sclerosi multipla, tra il 2021 ed il 2022 subiva un rapido peggioramento delle condizioni di vita, arrivando ad uno stato di quasi totale immobilità. Il paziente, in particolare, era rimasto definitivamente impossibilitato a muoversi dal letto, “con pressoché totale immobilizzazione anche degli arti superiori, salva una residua capacità di utilizzazione del braccio destro”. Il paziente, sempre nel 2021, cominciò a maturare il proposito di porre fine alla sua vita. A tal proposito, era venuto a conoscenza – grazie a ricerche svolte in autonomia – di associazioni che fornivano supporto ai pazienti interessati alla pratica del suicidio assistito eseguita all’estero.
Nel 2022 tale proposito si trasformò in una ferma determinazione. Pertanto, il paziente, grazie ad un’associazione (che si fece carico di alcuni costi, nonché del noleggio di un furgone per il trasporto), prese contatti con un’organizzazione elvetica per subire tale intervento presso la struttura “Dignitas”, in Svizzera. L’8 dicembre 2022 si concluse tale procedura: in particolare, “alla presenza del padre, della sorella e delle due indagate, M.S. aveva confermato definitivamente la sua volontà e, utilizzando il braccio che ancora poteva controllare, aveva assunto per via orale un farmaco letale, spirando dopo pochi minuti”.
Il Giudice per le Indagini Preliminari ha ritenuto sussistenti la condizione di acuta sofferenza, determinata da una patologia irreversibile, con decisione maturata in modo libero e consapevole. Erano soddisfatti tutti i requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito, ad eccezione di uno: quello della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. Pertanto, ritenute non sussistenti tutte le condizioni di non punibilità del suicidio assistito, veniva richiesta la declaratoria di illegittimità dell’art. 580 c.p. (e, di fatto, della sent. n. 242 del 2019 della stessa Corte, trattata sopra) nella parte in cui include il requisito mancante nel caso di specie.
La Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, confermando la necessità dei seguenti requisiti: “(a) irreversibilità della patologia, (b) presenza di sofferenze fisiche o psicologiche, che il paziente reputa intollerabili, (c) dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, (d) capacità del paziente di prendere decisioni libere e consapevoli”. Inoltre, viene confermata anche la necessità di accertamento della sussistenza dei suddetti requisiti dal servizio sanitario nazionale, secondo le modalità della sent. n. 249 del 2019 della stessa Corte.
In particolare, la Corte ha escluso che “il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale determini irragionevoli disparità di trattamento tra i pazienti”. Inoltre, i giudici della Consulta hanno precisato che la sentenza di cui sopra non aveva attribuito un diritto, a portata generale, di terminare la vita in ogni situazione di sofferenza intollerabile causata da una patologia irreversibile, ma aveva soltanto “ritenuto irragionevole precludere l’accesso al suicidio assistito di pazienti che – versando in quelle condizioni, e mantenendo intatte le proprie capacità decisionali – già abbiano il diritto, loro riconosciuto dalla legge n. 219 del 2017 in conformità all’art. 32, secondo comma, Cost., di decidere di porre fine alla propria vita, rifiutando il trattamento necessario ad assicurarne la sopravvivenza. Una simile ratio, all’evidenza, non si estende a pazienti che non dipendano da trattamenti di sostegno vitale, i quali non hanno (o non hanno ancora) la possibilità di lasciarsi morire semplicemente rifiutando le cure. Le due situazioni sono, dunque, differenti”.
Dalla sentenza del 2024 emerge anche l’espressione “trattamenti di sostegno vitale”. In particolare, viene ritenuto che codesta vada interpretata dal Servizio Sanitario Nazionale e dai giudici comuni in conformità all’ord. n. 207 del 2018 ed alla sentenza n. 242 del 2019 della stessa Corte (analizzate nella trattazione del caso Cappato-Antoniani). Pertanto, viene confermato il diritto fondamentale del paziente al rifiuto del trattamento sanitario sul proprio corpo, a prescindere “dal suo grado di complessità tecnica e di invasività”.
Inoltre, la Corte rileva come “Tutte queste procedure – proprio come l’idratazione, l’alimentazione o la ventilazione artificiali, nelle loro varie modalità di esecuzione – possono essere legittimamente rifiutate dal paziente, il quale ha già, per tal via, il diritto di esporsi a un rischio prossimo di morte, in conseguenza di questo rifiuto”. Quindi, “In tal caso, il paziente si trova nella situazione contemplata dalla sentenza n. 242 del 2019, risultando pertanto irragionevole che il divieto penalmente sanzionato di assistenza al suicidio nei suoi confronti possa continuare ad operare”.
- La Proposta di Legge di iniziativa popolare della Regione Toscana
L’11 febbraio 2025 la Regione Toscana ha approvato una proposta di legge di iniziativa popolare. Tale proposta ha l’obiettivo di trattare le modalità organizzative per l’accesso all’aiuto medico al suicidio secondo le sentenze della Corte costituzionale n. 242/2019 (sopra esplicitata) e 135/2024.
In particolare, la presente proposta è articolata in nove articoli. L’art. 1 definisce le finalità “l’attuazione di quanto disposto dalle sentenze della Corte costituzionale 25 settembre 2019, n. 242 e 1° luglio 2024, n. 135 relative al suicidio medicalmente assistito”. L’art. 2 parla dei requisiti per l’accesso al trattamento del suicidio medicalmente assistito: in particolare, prevede che “Fino all’entrata in vigore della disciplina statale, possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle sentenze delle Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024, con le modalità previste dagli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento)”. L’art. 3 tratta l’istituzione di una Commissione multidisciplinare permanente, che avrà il compito di verificare non solo la sussistenza dei requisiti di cui sopra, ma anche la definizione (oltre al controllo) delle modalità di attuazione. Tale commissione si comporrebbe delle seguenti professionalità: un medico palliativista; un medico psichiatra; un medico anestesista; uno psicologo; un medico legale; un infermiere; un medico specialista della patologia di cui è affetto il paziente. Tali componenti si individueranno all’interno dei dipendenti dell’azienda sanitaria locale su base volontaria. L’art. 4 tratta le modalità di accesso al suicidio medicalmente assistito. L’art. 4 bis descrive il procedimento per la verifica dei requisiti. L’art. 4-ter parla delle modalità di attuazione, mentre l’art. 4-quarter tratta il “Supporto alla realizzazione della procedura di suicidio medicalmente assistito”. L’art. 5 prevederebbe che “Le prestazioni e i trattamenti effettuati dal servizio sanitario regionale nell’ambito del percorso terapeutico-assistenziale del suicidio medicalmente assistito sono gratuiti”. La presenta proposta si conclude con l’art. 6 che prevede le stime di spesa.
Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, ha commentato la notizia dell’approvazione, da parte della Regione Toscana, di tale proposta, come segue: “Siamo grati alle Consigliere e ai Consiglieri della Regione Toscana per avere approvato la nostra legge Liberi Subito, che definisce tempi e procedure per l’aiuto medico alla morte volontaria. È una legge di civiltà, perché impedisce il ripetersi di casi – da ultimo quello di Gloria, proprio in Toscana – di persone che hanno dovuto attendere una risposta per mesi, o addirittura anni, in condizione di sofferenza insopportabile e irreversibile”. Gallo ha ricordato come l’obiettivo dell’Associazione Luca Coscioni sia “quello dell’approvazione della legge Liberi Subito in tutte le Regioni italiane, dove il “suicidio assistito” è comunque già legale (in forza delle sentenze della Consulta), ma senza che ci siano garanzie su tempi e procedure per le persone malate e i medici”, aggiungendo la raccolta, nel sito di Liberi Subito, delle disponibilità di volontari in questa iniziativa.
Il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha commentato tale approvazione, affermando che “Oggi dalla Toscana arriva un forte messaggio di civiltà”, aggiungendo che “Colmiamo una lacuna e compiamo per primi un salto in avanti rispetto ad altre Regioni e allo stesso Parlamento che era stato chiamato dalla sentenza della Corte costituzionale a pronunciarsi”.
Di altro avviso Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia: “Chiediamo al Governo di impugnare immediatamente la legge toscana con un ricorso in Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato”.
La promulgazione di questa legge della Regione Toscana sta già incontrando le prime difficoltà. In particolare, è notizia del 15 febbraio u.s. la presentazione – da parte del centrodestra nel Consiglio regionale della Toscana – di un ricorso al collegio di garanzia statuaria per la verifica di conformità di tale atto con lo statuto della Regione. Tale annuncio è stato dato dai capigruppo di Forza Italia, della Lega e di Fratelli d’Italia (in ordine i consiglieri Marco Stella, Elena Meini e Vittorio Fantozzi). Emerge, inoltre, che il collegio di cui sopra dispone di trenta giorni di tempo per esprimersi, e nel frattempo la legge non può essere promulgata.
A cura di: Antonio Natale ed Andrea Perrucci
Fonti
- Wired: https://www.wired.it/attualita/politica/2015/03/26/eutanasia-legge-fine-vita/
- Fondazione Umberto Veronesi: https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/tools-della-salute/glossario/testamento-biologico
- “Questioni di fine vita e diritto penale” di A. Massaro, Ed. Giappichelli.
- Giurisprudenza penale: https://www.giurisprudenzapenale.com/processi/processo-nei-confronti-di-marco-cappato-suicidio-assistito-di-dj-fabo/
- Corte costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2019&numero=242 , https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2024:135 e https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20240718154806.pdf
- Biodiritto – Università di Trento, Facoltà di Giurisprudenza: https://www.biodiritto.org/Biolaw-pedia/Giurisprudenza/Consiglio-di-Stato-sent.-04460-2014-illegittimita-della-decisione-della-Regione-Lombardia-sul-caso-Englaro e https://www.biodiritto.org/Biolaw-pedia/Normativa/Regione-Toscana-Legge-n.-5-2025-modalita-organizzative-per-la-procedura-medicalizzata-di-assistenza-al-suicidio#:~:text=L’11%20febbraio%202025%20la,%2F2019%20e%20135%2F2024.
- Stefano Ceccanti: https://stefanoceccanti.it/testo-fine-vita-regione-toscana/
- Toscana Notizie: https://www.toscana-notizie.it/-/il-consiglio-approva-la-legge-sul-fine-vita-giani-dalla-toscana-forte-messaggio-di-civilt%C3%A0-
- Associazione Luca Coscioni: https://www.associazionelucacoscioni.it/il-caso-giuridico-di-piergiorgio-welby , https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/comunicati/toscana-prima-regione-aver-approvato-liberi- subito?_gl=1*br4y7l*_up*MQ..*_gs*MQ..&gclid=EAIaIQobChMIl-vN3_vhiwMVUheDAx2ndDHyEAAYASAAEgI8bvD_BwE e https://www.associazionelucacoscioni.it/caso-giudiziario-eluana-englaro
- Live – Università di Padova: https://ilbolive.unipd.it/it/news/battaglie-eluana-englaro
- Desistenza terapeutica: http://www.desistenzaterapeutica.it/files/lettera_eluana_030304.pdf
- Ministero della Salute: https://www.salute.gov.it/portale/dat/dettaglioContenutiDat.jsp?id=4954&area=dat&menu=vuoto
- Rai News: https://www.rainews.it/articoli/2025/02/toscana-prima-regione-legge-sul-fine-vita-9bccd095-6939-4af1-9a6a-ed391b72dfed.html e https://www.rainews.it/articoli/2025/02/toscana-il-centrodestra-fa-ricorso-al-consiglio-di-garanzia-contro-la-legge-sul-fine-vita-8e00b87f-a256-452d-8240-e20fdb148928.html
- Per l’immagine: foto di wal_172619da Pixabay (https://pixabay.com/it/photos/bolle-di-sapone-bolle-che-soffiano-8253276/)