In particolare, l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché ex Presidente della Banca Centrale Europea, e prima ancora ex governatore della Banca d’Italia, ha concentrato il suo discorso sui seguenti tre punti: 1) lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale; 2) la sfida della transizione energetica; 3) l’UE e la competitività globale.
- Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale
Draghi fa presente all’Emiciclo come l’Intelligenza Artificiale stia compiendo passi ingenti. In particolare, evidenzia il raggiungimento di un livello di accuratezza nei ragionamenti scientifici pari al 90% e che tali sistemi, superino, addirittura, la “performance umana”, diventando sempre più efficienti, comportando una riduzione dei costi di inferenza e di formazione degli stessi. L’ex presidente avverte, però, il seguente dato: otto su dieci dei modelli linguistici impiegati dall’IA sono sviluppati negli Stati Uniti, ed i due rimanenti in Cina: pertanto, emerge un’Unione europea languente su questo. Pertanto, la frontiera tecnologica, ogni giorno, si sposta dall’Europa, ma l’ex presidente fa presente come “la riduzione dei costi” rappresenti “un’opportunità per noi, per recuperare terreno”.
- La sfida della transizione energetica
L’ex governatore della BCE fa presente l’andamento schizofrenico in aumento dei prezzi del gas, evidenziando un aumento del 40% da settembre, con i margini sul GNL e delle importazioni dagli Stati Uniti aumentati più del 100% rispetto all’anno scorso. Di conseguenza, emerge come i prezzi dell’energia elettrica, variabili da Paese a Paese, risultano tra le due e tre volte più alti rispetto a quelli oltreoceano.
Secondo Draghi, tali criticità rappresentano la fonte causale delle tensioni interne che possono verificarsi se non si interviene con urgenza per affrontare le sfide della transizione energetica: basti vedere quanto accaduto in Germania, che con l’azzeramento del settore solare ed eolico, ha visto un aumento dei prezzi energetici di dieci volte rispetto alla media annuale.
Da aggiungere, inoltre, l’imperativo di sviluppare e proteggere le reti del Vecchio Continente, considerate le minacce crescenti alle infrastrutture sottomarine.
- L’UE e la competitività globale
Mario Draghi evidenzia come, se poco tempo fa la tematica geopolitica principale era l’avanzata della Cina, oggi invece è rappresentata dai dazi della nuova amministrazione statunitense, che produrranno effetti nei prossimi mesi, se non settimane. Questa situazione comporterà un distacco dall’UE dal suo mercato di esportazione principale. Da aggiungere che i dazi alti sulla Cina porteranno l’Oriente a dirigere il proprio surplus verso l’UE, colpendo ulteriormente le aziende europee. Pertanto, emerge come le aziende più grandi dell’UE risultino essere più preoccupate di questa conseguenza, piuttosto della mancanza di accesso al mercato statunitense.
Draghi avverte come l’UE sarà lasciata a sé stessa per la sicurezza in Ucraina ed in Europa (per via delle ultime dichiarazioni). Pertanto, l’ex presidente della BCE ritiene come sia sempre più evidente la necessità che l’Unione europea agisca sempre di più come se fosse un unico Stato, aggiungendo che “la complessità della risposta politica implica la ricerca all’industria, il commercio, le finanze e richiederà un livello di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori”, quindi tra i governi nazionali, i parlamenti, la Commissione europea ed il Parlamento europeo.
Come deve essere la risposta dell’Unione europea a quanto sopra?
Per rispondere alle esigenze anzidette, Draghi individua tre elementi essenziali: velocità, dimensione ed intensità. Ciò, a suo avviso, al fine di creare le condizioni per far sì che le aziende innovative crescano in Europa, piuttosto che restare piccole o finire delocalizzate negli Stati Uniti.
Quali sono le azioni per giungere a quanto sopra? 1) Abbattere le barriere interne; 2) Standardizzare; 3) Armonizzare; 4) Semplificare le normative nazionali; 5) Insistere “per un mercato del capitale più basato sull’equity”.
In particolare, Draghi rileva come spesso “noi siamo i nostri peggiori nemici in questo senso”. Emerge come – nonostante il mercato interno unionale abbia il potenziale per agire e per crescere – le stime del FMI ritengono che le regole interne equivalgono ad un dazio pari al 45% per il manifatturiero ed al 110% per i servizi. Ciò rappresenta il risultato dell’approccio normativo basato sulla prevenzione, piuttosto che sull’innovazione: basti vedere, a titolo esemplificativo, il Regolamento UE “G.D.P.R.”, che ha comportato un aumento di costi dei dati al 20% per le aziende europee.
Draghi sottolinea, inoltre, che nonostante la possibilità di utilizzare risparmi per finanziare l’innovazione, i Paesi, tranne poche eccezioni, “puntano soprattutto ai crediti bancari che, in generale, non sono adatti a questo compito”. Evidenzia, inoltre, il fatto che più di 300 miliardi di euro l’anno finiscono oltreoceano proprio per la mancanza di opportunità di investimento in Europa. Pertanto, avverte la necessità di fare in modo che le aziende recuperino terreno sulla gara dell’Intelligenza Artificiale, evidenziando gli investimenti maggiori – da parte della Cina – sui computer e sulle reti digitali.
L’ex premier ricorda l’iniziativa, annunciata dalla Commissione, sull’Intelligenza Artificiale europea: a suo avviso codesta rappresenta come il settore pubblico e quello privato possono collaborare per colmare assieme la lacuna dell’innovazione. Afferma inoltre, che “se saremo decisi nel rendere l’Europa più attraente per l’innovazione, avremo l’opportunità per fermare la fuga dei cervelli, che ha spinto molti dei nostri migliori scienziati ad andare verso gli Stati Uniti”.
Altra necessità, per una competitività dell’Unione europea, è rappresentata dai prezzi dell’energia: Draghi afferma come codesti vadano ridotti, imperativo non solo per le industrie tradizionali, ma anche per le tecnologie avanzate, affermando che il consumo dell’energia elettrica da parte dei centri dati in Europa triplicherà entro la fine del decennio.
La sostenibilità della decarbonizzazione
Riguardo la decarbonizzazione, Draghi afferma come codesta possa essere sostenibile solamente se porta a benefici per tutti. Evidenzia come la causa dei prezzi dell’energia sia rappresentata non solo dal fatto che l’UE non produce gas naturale, ma anche dai seguenti elementi: 1) il coordinamento limitato degli appalti del gas; 2) il funzionamento del mercato dell’energia; 3) i ritardi “nelle capacità delle rinnovabili”; 4) la rete sottosviluppata; 5) la tassazione ed i margini finanziari troppo alti. Tutti fattori, ad avviso dell’ex governatore della Banca d’Italia, “causati da noi”: pertanto, ritiene possibile porvi rimedio “se ci sarà la volontà politica”.
Le misure proposte da Draghi all’Unione europea
La relazione presentata da Draghi propone una serie di misure, in relazione a quanto sopra: la riforma del mercato dell’energia; una maggiore trasparenza nel commercio dell’energia; l’utilizzo dei contratti a lungo termine e acquisti a lungo termine del gas naturale; investimenti massicci nella interconnessione nelle griglie. Tale documento richiede, inoltre, non di intervenire più rapidamente verso le energie rinnovabili, quanto “favorire le tecnologie pulite, trovare soluzioni di flessibilità a cui fare ricorso quando le rinnovabili non producono energia”. Allo stesso tempo, Draghi rileva la necessità di garantire condizioni di equità per il settore delle clean-tech, per permettere a codeste di trarre vantaggio dalle opportunità offerta dalla transizione, in quanto “decarbonizzazione non può voler dire perdere posti di lavoro verdi”.
Le criticità europee secondo la relazione, illustrate da Draghi:
- Il sistema di difesa: l’ex presidente ritiene che, per via della frammentazione industriale, non si riesce a raggiungere il livello di scala necessario. Gli Stati UE, congiuntamente, costituiscono il terzo gruppo di Paesi che spende di più in difesa, ma, nonostante questo, non si è in grado di far fronte all’aumento necessario delle capacità produttive. Il tutto, accompagnato dal fatto che tali sistemi non sono né standardizzati, né interoperativi, in aspetti cruciali della catena del valore.
- La transizione per le industrie tradizionali: secondo Draghi va gestita, in quanto dal 2012 i principali settori con maggiore tasso di produttività sono quelli cc.dd. made-tech: praticamente, la meccanica. In particolare, in questo settore, si contano 13 milioni di addetti negli Stati Uniti e 40 in UE. Risulta come le relazioni si stiamo evolvendo, e la presenza di un crescente protezionismo: pertanto – avvisa Draghi – mantenere industrie come quella chimica e dell’acciaio, che sono critiche per la difesa, rappresenta un obiettivo strategico.
L’ex presidente della BCE ricorda come “sostenere l’industria tradizionale viene sempre presentata come una scelta binaria”, che comporta la scelta tra l’abbandono della stessa verso altri settori, oppure il sacrificare delle nuove tecnologie andando verso tassi di crescita anemici.
Draghi evidenzia, in particolare, come tale scelta non debba essere così drastica, affermando che “se noi riusciamo a realizzare delle riforme, a favore dell’innovazione, potremmo trovare una compensazione tra questi due obiettivi”. Come? 1) Sfruttando l’economia di scala del mercato unionale e, 2) integrando i mercati dell’energia, i costi di produzione diminuirebbero ovunque. In quella situazione, ad avviso dell’ex presidente della BCE, l’Unione europea sarebbe maggiormente in grado “di gestire gli effetti di spillover” e di “favorire le industrie a basso consumo con prezzi più bassi “, quelle delle clean-tech.
Con un tasso di ritorno maggiore offerto nel Vecchio Continente, e con mercati finanziari più resilienti – avverte Draghi – si potrebbero avere delle risorse “che consentiranno di avere un capitale per finanziare le nuove tecnologie, e continuare a finanziare quelle industrie tradizionali, ma che comunque sono competitive”, aggiungendo che “se abbattiamo le barriere interne, aumentiamo la produttività, aumenteremo anche il nostro spazio fiscale”, e che “questo ci darà respiro per fare quei finanziamenti, che favoriscono il bene pubblico, e che non possono essere finanziati dagli investimenti privati, come l’obiettivo della decarbonizzazione”.
Il nodo sulle barriere interne
Draghi evidenzia come “aumentare la produttività del 2% nei prossimi dieci anni ridurrebbe i costi fiscali per i governi, per finanziare i finanziamenti necessari del 35%“. Pertanto, ritiene che “ridurre le barriere interne farà sì che il moltiplicatore fiscale di questi investimenti sarà maggiore“.
Proprio parlando delle barriere interne troppo elevate, l’ex premier ricorda che questa rappresenta la causa per la quale le imprese si espandono all’estero, con le importazioni che suscitano interesse per via di tariffe straniere più basse. Ricorda, pertanto, come l’abbattere le barriere interne possa portare ad una rivoluzione del mercato europeo, rimuovendo l’incentivo alle importazioni, portando la politica commerciale ad aumentare la sua forza.
Draghi fa presente come la Bussola della competitività, lanciata dalla Commissione, abbracci questa agenda, con obiettivi da lui ritenuti assolutamente funzionali alle raccomandazioni della relazione, che affrontano la necessità di riorientare le politiche europee. Avverte che, per il raggiungimento di tali obiettivi, il fabbisogno necessario è enorme: in particolare, si parla di cifre tra i 750 e gli 800 miliardi euro l’anno (stima conservativa).
L’ex presidente afferma che, ai fini di aumentare la capacità di investimento, “giustamente”, viene proposta la combinazione degli strumenti dell’Unione europea con un utilizzo più flessibile degli aiuti di Stato tramite uno strumento europeo: avverte, però, che il raggiungimento di tale risultato dipende dagli Stati membri “che debbono poter sfruttare lo spazio fiscale disponibile e devono essere disposti ad agire all’interno di un quadro europeo”. Pertanto – avverte Draghi – la Commissione non può agire da sola: è necessario che sia affiancata dal Parlamento europeo, dai parlamenti nazionali e dai governi.
Riguardo il Parlamento europeo, Draghi rappresenta come codesto abbia un ruolo fondamentale nella velocità della legislazione. Avverte, però, sul fatto che si dovrà far in modo che le politiche non diventino già obsolete non appena emanate. Il Parlamento, pertanto, “deve essere protagonista per corroborare la cooperazione tra gli attori politici, per vincere le esitazioni e realizzare un programma di azione ambizioso”.
Mario Draghi conclude il suo intervento al Parlamento europeo affermando come sia possibile ravvivare “lo spirito innovativo del nostro Continente”, riconquistando la capacità di tutelare gli interessi unionali, ridando la speranza ai cittadini. Pertanto, l’ex presidente del Consiglio ritiene che “i governi nazionali, i Parlamenti del nostro Continente, la Commissione europea, il Parlamento europeo, sono tutti chiamati a diventare i guardiani di questa speranza”, in un momento di svolta per la storia europea, affermando che l’Unione europea, se rimarrà unità, sarà all’altezza di queste sfide, vincendole.
A cura di: Antonio Natale
Fonti:
- Il discorso di Mario Draghi: Parlamento europeo: https://multimedia.europarl.europa.eu/it/webstreaming/european-parliamentary-week-2025-plenary-session-ii_20250218-0900-SPECIAL-OTHER (estratto dallo streaming della Seconda Sessione Plenaria della settimana parlamentare del 2025, con possibilità interpretariato in italiano), oppure https://multimedia.europarl.europa.eu/it/video/european-parliamentary-week-2025-keynote-speech-by-mario-draghi-former-italian-prime-minister-and-former-president-of-the-european-central-bank_I267271
- Per l’immagine: foto di Fabian Holtappels da Pixabay (link: https://pixabay.com/it/photos/parlamento-europeo-bruxelles-citt%C3%A0-6697945/)